L’ultima frontiera del recruiting: i talent game
Non ho ancora capito se si tratta di un bene o un male, ma è un pò che rifletto su questa nuova modalità di recruting per neo-laureati.
Dico un male, perchè (purtroppo) le aziende spesso utilizzano le stesse tattiche di consumer marketing e advertising nei confronti della domanda di lavoro. E tutti sanno che, spesso, dietro ai valori aziendali, all’etica e ai volti sorridenti, si nascondono insoddisfazione, frustrazione e tanto precariato.
Allora ecco che, con diffidenza, ho cercato di capire in cosa consiste la trovata dei talent game. Due su tutti: Reveal di L’Oréal e il Business Talent Game di Accenture.
Innanzitutto, il talent game non è altro che una “gamification” del mercato del lavoro, ossia un modo per attrarre e predisporre positivamente l’utente all’interazione con l’azienda, tramite forme di gioco e competizione. Si fa sia nei casi in cui il gioco è il prodotto (videogames, ma anche applicazioni per social network, come Farmville & co.) e si fa per generare awareness e curiosità verso i prodotti (“gioca e vinci”, ecc.). E ora, si fa anche con le risorse umane.
Il fatto è che entrambi i talent game sono notevolmente impegnativi. Quello di L’Oréal in termini di tempo: il gioco è a livelli, e ogni livello è una funzione aziendale. Ci sono molti punti dove l’unico scopo sembra mostrare l’organizzazione aziendale e il clima allegro e dinamico che si respira all’interno. Per carità, è ben fatto, ma costringe a perdere ore e ore a leggere documenti sull’azienda e rispondere a domande aperte. E poi si gioca su scala internazionale, quindi la competizione è serratissima.
Quello di Accenture è diverso, perchè non è un videogioco ma una vera e propria partecipazione ad un progetto, dove c’è anche una selezione degli stessi partecipanti al torneo. Molto sensato, perchè è reale, e sicuramente innesca un meccanismo di sana competizione tra ragazzi. Solo che, al termine, quello che viene offerto è un mero stage di 3 mesi (“eventualmente finalizzato alla stesura della tesi”) al termine del quale verra “valutata la possibilità di assunzione”. Mi sembra un pò pochino.
Quindi, questi talent game sono un bene o un male?
Entrambe le cose: positivo che si testino le reali capacità dei candidati, che si vada oltre le solite domande da colloquio e i terribili test psico-attitudinali, in altre parole, che si misurino le reali potenzialità di una persona alle prese con veri strumenti di lavoro.
Però allora, perchè il premio è un semplice tirocinio, magari da tre mesi e senza sicurezza di un contratto? Il talent game, in fondo, dovrebbe sostituire la funzione stessa di stage, dato che i ragazzi sono chiamati a una vera dimostrazione di competenze e capacità.
L’impressione è che, probabilmente, è più un modo per aumentare l’attrattività dell’impresa nei confronti dei giovani laureati, puro employer branding per migliorare la posizione nei vari ranking di “Best Workplace”, e fare un pò parlar di sè nella rete. Sottraendo tempo ai candidati che ci mettono anima e corpo, quando potrebbero mandare altri CV e sosteneri altri colloqui.
Spero di sbagliarmi.
p.s. oggi mi sono imbattutto in questo video d’effetto, comunicazione non convenzionale per il recruiting della sanità pubblica.
Comments
2 Comments
Mi sembra che le modalità di esaminare i potenziali candidati sono sempre le più disparate e raffinate chissà se il datore di lavoro che seleziona è altrettanto consapevole di che tipo di considerazione lascai di se non permette a sua volta di poter essere valutato dal candidato almeno alla stessa “stregua”.
Ciao! Hai ragione, infatti il lato positivo dei talent game è che si ha possibilità di andare oltre la normale selezione, passando dalla dimostrazione di “potenzialità” alla dimostrazione di “capacità”.
Ma la ricompensa per il lavoro svolto dovrebbe essere adeguata: assunzione per i migliori e una ricompensa per chi ha partecipato. Purtroppo, non è cosi
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